Storia di una Expat e del suo food truck giallo, ai bordi di un piccolo villaggio, nella sperduta provincia islandese.

In primo piano la chiesa con il tetto rosso, dietro le case basse del villaggio di Vik e sullo sfondo i faraglioni neri della spiaggia lavica

[Marzo 2021]

Ogni mattina entro le dieci, che splenda il sole o tiri vento, che piova o che nevichi, Holly Keyser deve raggiungere l’“armadio postale” di Vík, incastrato tra la banca e il negozio di alcolici. In inverno, a quell’ora, ha giusto finito di albeggiare. Questo spiega come mai, spesso, Holly si ritrovi circondata da gente in pigiama. Tra pile di pacchi e buste, per tre ore scarse, una signora smista tutta la corrispondenza delle 400 anime che vivono nel villaggio più meridionale dell’Islanda. È a questa signora che Holly, quarantenne inglese trapiantata sull’isola, affida ogni giorno la spedizione in Europa delle miscele di caffè e degli altri prodotti artigianali che provengono dalla sua micro torrefazione, una vera e propria caffetteria a bordo di uno scuolabus giallo. Non ricordo nemmeno come e quando mi sono imbattuta nel profilo Instagram di Skool BeansMa da quel momento ho iniziato a desiderare di tornare in Islanda anche per assaggiare un bagel con la marmellata fatta in casa, sorseggiare la cioccolata calda bianca al sapore di finocchio, accarezzare il pelo rosso del gatto Jeffrey e perdermi nella vista delle scogliere di Reynisdrangar, che si protendono in mare.

Ho raggiunto Holly su Zoom, incuriosita dalla storia di una Expat (il suo cognome, Keyser, non è patronimico come tutti i cognomi islandesi) che decide di allestire un food truck in un piccolo villaggio della provincia islandese. 

«La natura islandese è troppo grande perché un ego possa competere con lei»

Un bicchiere di cioccolata calda, con spuma di latte, con scaglie di cioccolata fondente e piccoli marshmallow tostati

«Sono nata in Inghilterra e, prima di arrivare in Islanda, ho vissuto sei anni in Australia. A un certo punto, dopo una serie di eventi, di quelli che ti cambiano la vita, mi sono resa conto che non potevo permettermi di vivere così tanto lontana da casa». Ma la vita, si sa, raramente lascia che siamo noi a decidere. Durante la piccola Odissea per tornare in Inghilterra dall’Australia, all’aeroporto di Singapore, Holly si è imbattuta in alcuni vecchi amici. Stavano andando in Islanda, per lavorare come guide sui ghiacciai del parco nazionale Skaftafell. E Holly, naturalmente, li ha seguiti. Anche se, prima di allora, non aveva mai preso in considerazione l’idea di andarci. «Sapevo che esisteva ma non avrei nemmeno saputo collocarla esattamente sulle mappe».

Era il 2017. Quell’anno, in Islanda, l’estate sembrava non voler finire mai.

«Non mi capacitavo di come l’isola potesse essere così disabitata e intatta. Camminavo in pantaloncini e maglietta a maniche corte, sono stata qualche volta sul ghiacciaio, con gli amici. È stato terapeutico. Mi ha aiutato a rimettere le cose nella giusta prospettiva. La natura islandese è troppo grande perché un ego possa competere con lei. Quando sei qui, sei spogliato di tutte quelle cose che pensi potrebbero avere importanza quando vivi in città come Melbourne o Londra o Roma. Improvvisamente ti viene data l’opportunità di non dover far altro che, semplicemente, respirare.

Tutto questo è arrivato nella mia vita nel momento perfetto».

Non che scegliere di cambiare vita la spaventasse. Per dieci anni, tra i suoi 20 e i 30, in Inghilterra, è stata un’agente di polizia specializzata in interrogatori, intelligence e antiterrorismo. «Vedevo i colleghi e mi sembravano svuotati, come se la loro anima fosse scomparsa. A quel punto ho deciso di fare qualcosa per me, prima di passare a una fase di vita successiva».

A 38 anni, Holly cominciava a sentirsi un po’ spaesata al pensiero di non sapere cosa voleva fare.

Ha preso una pausa dalla carriera per viaggiare e raccogliere fondi per l’ambulanza aerea inglese. Finché, arrivata in Australia, si è fermata. Nei sei anni trascorsi a Melbourne, ha fatto un po’ di tutto. Ha lavorato in caffè e ristoranti, imparando i segreti del mestiere di barista, Nel settore dell’ospitalità, nel marketing e nell’interior design.

Tutte le esperienze maturate, hanno trovato una sintesi nel progetto dello Skool Beans.

Un uomo in piedi negli interni svuotati di uno scuolabus, chino su una tavola, circondato da attrezzi di lavoro.

«I paesi che sono nuovi nel mercato turistico, pensano di dover importare cose da altrove: brand internazionali, centri commerciali, grandi hotel. Quando, al contrario!, la gente viene fin qui per vivere piccole e autentiche esperienze». In ogni angolo dell’isola, aveva notato Holly, potevi trovare hot dog e pizza. Ma una colazione salutare a base di granola e frutta? Impossibile. E poiché non aveva i soldi per un aprire un ristorante, ha investito i risparmi in un food truck che offrisse una cucina sana e creativa, curata e rispettosa dell’ambiente, non solo per turisti. Dopo qualche ricerca, Holly ha scelto di stabilirsi a Vík. «C’è la comunità più aperta e multiculturale in cui abbia mai vissuto. Il 40% della popolazione è internazionale. Ci sono ristoranti, un micro birrificio, una scuola, una piscina. Montagne, ghiacciai, grotte e oceano, sono a due passi». 

Così Holly ha rilevato un vecchio autobus in panne abbandonato. «Ogni sei mesi, mio padre, uno straordinario falegname e artigiano, veniva ad aiutarmi con i lavori. Per lui, rinnovare un vecchio autobus americano, con sua figlia, in Islanda, era vivere un’avventura. Lo è stato per entrambi».

Il concept di Skool Beans è la gentilezza. Il messaggio, dal momento in cui si mette piede a bordo dell’autobus, è “nice to be nice”, il bello di essere gentili. Si può sfogliare una copia del The Happy Newspaper, l’unica testata al mondo che riporta solo buone notizie.

Le bevande sono aromatizzate con fiori e spezie. Ed è il primo ristorante in Islanda a usare insetti (grilli in polvere). Vedere alla voce“strange things” del menu!

Bagel visto dall'alto, aperto in due, ripieno di crema al formaggio spalmabile e marmellata di frutti di bosco.

Il wifi è gratuito e la password è “have a great day”. C’è una mensola per il bookcrossing. Chi compra una tazza compostabile, con coperchio riciclabile, con logo stampato a mano in inchiostro vegano, ha un caffè offerto. Il caffè è organico, i chicchi provengono da coltivatori che hanno una filosofia di sostenibilità, consapevolezza ambientale e agricoltura etica. I chicchi sono tostati freschi ogni martedì nella cucina di un ristorante locale, The Soup Company. «È di una piccola famiglia, con grandi sogni. Siamo in totale sintonia». Una tazza di caffè di Skool Beans ha lo stesso prezzo di quello della stazione di servizio. «Non ho grandi costi quindi posso permettermi di servire prodotti etici a prezzi etici. E in Islanda, non è facile».

Inoltre, lo scuolabus è alimentato da energia completamente rinnovabile, cosicchè il suo impatto ambientale è nullo.

La fama dello Skool Beans si sta diffondendo nell’isola, e la gente inizia ad arrivare da lontano. «Un gruppo ha guidato cinque ore sotto la neve per venire a bere il mio caffè. Hanno fatto una serie di stories sui social media, facendo diverse tappe lungo il percorso». Non stupisce che Holly abbia già ricevuto molte proposte, tra cui quella di un franchising. «Non si può e non mi va. Questo è un progetto in continua evoluzione. Voglio restare indipendente, e improvvisare». Anche nelle collaborazioni.

Le marmellate, ad esempio, sono fatte in casa dall’amica Aesa, che gestisce il Nordur Vik Hostel. «Sono assaggi di paradiso. Aesa raccoglie i frutti di bosco su in montagna, le marmellate sono completamente organiche. L’ho spinta a creare un brand e adesso le vende anche a Reykjavík». 

Quando nevica, è facile individuare lo Skool Beans giallo che spicca sulla neve bianca.

Anche i poster e gli altri souvenir sono realizzati a mano da artigiani e artisti locali. «Le persone stanno attraversando un grande “viaggio”, in questo momento. Mi sento fortunata ad aver avviato l’attività proprio all’inizio di questa pandemia». Il prossimo progetto di Holly è organizzare un mercato de produttori e artigiani locali, che continuano a produrre per tenersi occupati, ma senza una vero ritorno economico. «Cerco di fare del mio meglio per la comunità».

Le foto dello Skool Beans sono prese dalla pagina Facebook.

La foto della veduta di Vik è di Shalee ed è presa dal suo blog Shaleewanders.

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